A SAN MARTINO…
A SAN MARTINO OGNI MOSTO DIVENTA VINO
E’ noto il fatto che a Dignano in tempi non troppo lontani l’acqua scarseggiasse, e le leggende popolari (forse neanche troppo leggende!) dicono che quando era ora di lavare i carri si usava il vino, certamente più abbondante che non l’acqua.
Il vino istriano è per eccellenza la Malvasia dal colore ambrato e il gusto dolce; mi sovviene un ricordo legato a mio nonno, ormai molto anziano, seduto in poltrona a leggere il giornale. Era pomeriggio, gli andai vicino con un bicchiere di tè fresco in mano, e glielo diedi. Con calma gustò la bevanda analcolica, chiuse gli occhi e mi disse: “Bona ‘sta Malvasia!”. Povero nonno, quel tè aveva solo il colore della Malvasia, ma il ricordo delle sue campagne, delle piantade, dei sapori di Dignano erano sempre lì nella sua mente. Lui, per metà barbiere e per metà contadino, aveva le campagne a Valnida; aveva anche due “sameri” ma non di proprietà esclusiva, nel senso che erano in comproprietà con il fratello Menigo (che abitava nella “Casa nave”). Questo comportava non solo l’uso in comune, ma anche la custodia condivisa: a settimane alterne ognuno doveva occuparsi di pulire la stalla, cambiare l’acqua agli animali, pulirli, dar loro da mangiare, e provvedere al loro benessere. Mio nonno era uomo paziente e metodico pertanto quando arrivava la sua settimana per gli asini si prospettava regolarità e costanza nelle cure; il fratello Menigo, che faceva anche il geometra agricolo, era uomo più mondano, sempre indaffarato, per natura sempre di fretta e con il pensiero rivolto altrove. Al “cambio della guardia” mio nonno diceva a suo fratello: “Puveri sameri, quanti vènare de magro che ghe speta…!” (poveri asini quanti venerdì magri che gli spetta = quanto digiuno come nei venerdì di Quaresima) ….ma quei “poveri sameri” per fortuna erano forti e sani e non hanno certo sofferto la fame!
Oltre alla Malvasia, in Istria si beveva (e si beve) il Teran e il Vin de Rosa – vino speciale per le occasioni speciali – che, attingendo sempre ai ricordi di famiglia, si otteneva dai grappoli di uva messi ad asciugare in soffitta, appesi alle travi, lontano dai bambini golosi….anche se mio papà un giorno fu mandato in soffitta per punizione, tutto il giorno lì da solo, a parlare attraverso le finestre con suo fratello, chiuso in un’altra stanza, rei di qualche marachella. “Così ve impararè a combinar solo che guai”! Come lo passò il tempo della punizione il piccolo Gigi? Ovviamente mangiando l’uva passita!!!
Come dicevamo all’inizio, l’11 novembre si celebra San Martino, ma la tradizione popolare italiana vuole che si celebri anche la maturazione del vino nuovo, occasione per far festa e brindare con il vino novello e i biscotti casalinghi, che a Dignano erano e sono i Pampagnacchi.
San Martino quindi è sinonimo di buon vino: e allora facciamo come mio nonno; a San Martino beviamo una buona “ombra de vin”, de bon vin, e basterà chiudere gli occhi per tornare un momento a Dignano. Salute!!